Esausto

Roberto Beccantini13 April 2022

Persino Rocco Siffredi, alla fine, si sarebbe accasciato. Mamma mia che rumba al Bernabeu. Presto, due pillole di Cagliari-Juventus, ho il cuore che batte ancora. Dunque: Real-Chelsea da 0-3 a 2-3 dopo i supplementari. Real in semifinale, detentori fuori. Ma fra gli applausi, ammesso che lo consideriate un motto di cavalleria e non già uno slogan frusto.

A Stamford Bridge aveva deciso Benzema, 1-3. Questa volta, la trama è sfuggita al destino stesso, che rimane il regista più sensibile, anche se non sempre il più credibile. Tuchel aveva azzeccato i cambi all’inizio: Marcos Alonso (al quale una gelida manina ha annullato un gol sullo 0-2), Kovacic, Loftus-Cheek, Werner. Ancelotti, lui, ha azzeccato i cambi «durante»: soprattutto Camavinga e Rodrygo.

I gol, tanto per non dimenticare: Mason Mount, su assist di Werner, Rudiger di capoccia, Werner di finta e contro-finta, poi Rodrygo e, oltre il 90° e al di là del miedo escenico, Benzema, di testa, sull’unico lampo di Vinicius.

Torniamo alla rete di Rodrygo. L’esterno destro di (san) Luka Modric, a 36 anni, vale da solo, come si diceva nel Novecento, il prezzo del biglietto. Uno dei passaggi più belli che abbia mai visto. Una carezza-schiaffo. Dalla traiettoria spaziale. Modric, fin lì Giona inghiottito dalla balena.

Come in Manchester City-Liverpool ci sono stati anche degli errori, che discorsi, di Mendy, di Rudiger (un partitone, tranne la scivolata sul 2-3) e magari dello stesso Tuchel (mai togliere il migliore in campo, Werner), ma siamo al livello di cavilli così sofisticati, così pusillanimi, che quasi mi vergogno, che quasi (giustamente) mi arrestano.

Il Chelsea ci ha provato fino alla fine, e avrebbe pure meritato di farcela.
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Ma sì

Roberto Beccantini9 April 2022

E’ un anno così, in cui il brodo fa tutto, è tutto. Sembrava, la Juventus, la «solita» Juventus. Con la testa ancora all’Inter, e all’ira funesta per certi episodi, subito bucata da uno spillo di Joao Pedro (su palla persa da Dybala e tocco di Marin). Gran gol. Era l’11’. La scossa l’ha spinta all’attacco. Non è facile aprire un catenaccio: chiedere, con tatto, al Pep anti-Cholo.

Il Cagliari si è chiuso a chiave. Mazzarri l’ha messa sul fisico, Allegri su quello che poteva, tra infortuni e squalifiche, su quello che sa (e sa che i suoi possono fare). Tutti avanti, a ritmo lento, a caccia di un lampo, di un pertugio. Una pioggerellina senza tuoni. Noiosa ma insistente.

Si giocava in una metà campo. Il pari di Luca Pellegrini veniva invalidato da un braccio di Rabiot. La Juventus era Cuadrado: regista occulto, impegnava Cragno, offriva a De Ligt la parabola dell’1-1, proprio agli sgoccioli del primo tempo. Vlahovic invocava munizioni, o almeno lo straccio di un cross, Lovato lo mordeva: letteralmente. L’Omarino rimediava a un incipit terrificante con piccoli numeri, mentre Zakaria e Arthur governavano la selva oscura del centrocampo.

Dybala: lo vorrei più avanti, che discorsi, ma poi chi, se non lui, può fornire a Vlahovic quell’assist lì per il 2-1? Era pronto Kean, Allegri stava per toglierlo. Aspettando, gli è andata bene. Molto british, il duello fra Bellanova e Pellegrini. Madama ha lasciato a Mazzarri e al suo tardivo avanti Savoia (Gaston Pereira, Keita Baldé) l’ultimo quarto d’ora. Se Vlahovic, nell’anticipare Altare, era stato «un attimino» fortunato, nessun dubbio che Madama abbia meritato la vittoria.

L’Inter, per concludere. Il colpo «gobbo» dello Stadium l’ha sbloccata. Gran primo tempo con il Verona (Barella, Dzeko), poi pilota automatico, con turbolenze serie ma gestibili.

Tu me fais tourner la tête

Roberto Beccantini6 April 2022

Triplete al Paris Saint-Qatar, triplete al Chelsea. Karim Benzema aggiunge vita agli anni e non anni alla vita (34, per la cronaca). Ha rimontato ed eliminato Pochettino. Ha messo in serio imbarazzo Tuchel. «Tu me fais tourner la tête», cantava Edith Piaf. Era l’andata dei quarti di Champions, grande partita a Stamford Bridge: Chelsea-Real 1-3. E due soli ammoniti, uno per parte.

Benzema, dunque. Di testa e di forza il primo, su cross di Vinicius in capo a un’azione disegnata da Picasso. Di testa e di biliardo il secondo, su parabola di Modric, un architetto che sembra Piano anche quando va piano. Di rapina il terzo, su regalo del portiere, Mendy, e concorso di Rudiger. Avete presente la gaffe di Donnarumma al Bernabeu? Moltiplicatela per tre.

Ho tracciato i confini. Dentro, un’ordalia salgariana con Christensen quasi terzino su Vinicius (non proprio il massimo), Valverde al posto di Asensio (bella idea, invece) e Casemiro perno del centrocampo: hic manebimus optime. La facevano i blu, la partita, anche perché Ancelotti, nato Sacchi e maritato Capello, ha capito che «il mondo non si è fermato mai un momento» (Jimmy Fontana).

Non trascuro i portieri: Courtois, paratona su Azpilicueta; Mendy, topica in avvio di ripresa, dopo che la zuccata di Havertz, su spioventino di un grigio Jorginho, aveva riaperto i giochi. Le correzioni di Tuchel non hanno sabotato la trama, l’hanno appena rigata.

Per alcuni, il centravanti è lo spazio; per altri, i padroni o i maestri di Benzema, lo spazio è il centravanti. Il Karim odierno è una cassa di esplosivo. Cristiano lo sovrastava, certo, ma molto gli ha insegnato. E questi sono i frutti. Letale al punto da permettersi di ciccare il gol più facile. Difficile trovare un
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